Giovedì Grasso – Vaastign pfinzntòk

Altra giornata che era occasione di divertimento in maschera era il Giovedì grasso.

Inizialmente, doveva trattarsi di una mascherata in cui i partecipanti usavano dei piccoli carri o delle slitte per gli spostamenti. Nel periodo del fascismo venivano già realizzati carri grandi, come è possibile vedere in una fotografia del 1935, dove due buoi tirano una grande slitta con il fieno.

Verso la fine degli anni Cinquanta, in seguito ad un periodo di stanchezza delle mascherate, l’Azienda di Soggiorno e Turismo cercò di dare un nuovo impulso a questa giornata spingendo alla realizzazione di carri che ricreassero scene di vita locale. Anche l’intervento, anni dopo, del Comitato Carnevale ha cercato di dare un indirizzo particolare a questa giornata così da renderla diversa da qualsiasi altra manifestazione di carri carnevaleschi. E allora, lungo la strada che da Cima porta alle altre borgate è stato possibile rivedere, nel corso degli anni, la scena della filatura del lino, il tinello con la tipica stufa e gli uomini e le donne intenti alle proprie occupazioni, la bottega del calzolaio, quella dell’arrotino e così via.

Le mascherate di questa giornata, pur se indirizzate verso argomenti locali, sono state interpretate come meno vincolati rispetto a quelle delle domeniche; si poteva proporre qualche argomento un po’ diverso, magari ispirandosi a qualche Carnevale visto altrove oppure realizzare situazioni completamente inventate, senza alcun riferimento alla cultura tradizionale. Anche per questo motivo, la mascherata del Giovedì grasso è stata a lungo tra le più ricche di partecipanti perché la gente poteva dare libero sfogo alla propria fantasia e non sentirsi vincolata a mascheramenti e temi codificati.

Al tema del “mondo alla rovescia” è da ricondurre la presenza, in questa giornata, del carro su cui si trova la bintmihle, l’attrezzo con cui veniva pulito l’orzo. Non si tratta di una presenza costante e non è, come altrove, il fulcro della mascherata; però, è rimasta ben impressa nella gente, sia in chi partecipava direttamente sia in chi osservava. Nel 1970 è stata anche l’argomento di una lettera ad una persona lontana da Sappada; sappiamo così che, il Giovedì grasso di quell’anno, personaggi mascherati che rappresentavano donne e uomini vecchi entravano nella bintmihle e ne uscivano giovani.

Si tratta di un’azione drammatica molto diffusa nei Carnevali, in particolare in Trentino, in Alto Adige e in Tirolo, ed è nota in Italia con il termine “mulino delle vecchie” e in area tedesca come Altweibermühle. È una inversione, di grande effetto spettacolare, del corso naturale della vita: la giovinezza sconfigge la vecchiaia. Solo a Carnevale, in questo periodo in cui sono sospese le norme quotidiane, è possibile assistere ad un capovolgimento del genere.

Non sappiamo con precisione in quale giornata fosse rappresentata la mascherata di cui ci dà notizia Fontana: «Spesso si vedono frotte di maschere rappresentanti donne che vengono avanti guidate da uomini: sono le zitelle del paese che vengono condotte nella palude di Sterzing (Sterzingarmoss) ove, secondo la tradizione, vanno a finire tutte le ragazze che non trovano marito.» Ci dice anche che si cercava di imitare l’abbigliamento di queste ragazze in modo che fosse evidente a tutti di chi si trattava.[1]

Questo tema della palude di Sterzing (Vipiteno) è diffuso in area germanica. Si può pensare che sia stato tratto dalla cultura tradizionale e proposto nel Carnevale, forse anch’esso nella giornata del Giovedì grasso, ritenuta, come si è detto, la più adatta per proporre qualcosa di particolare.

Le mascherate del Giovedì grasso, sempre accompagnate dai Rollatn, sono state fino a qualche decennio fa un momento importante del Carnevale e vedevano coinvolte sempre molte maschere e tante gente a seguire la sfilata. Anche i bambini delle scuole partecipavano con i loro carri; dagli anni Settanta un notevole contributo alle mascherate del Giovedì grasso è stato dato da Suor Virginia che, ogni anno, preparava con i bambini e i ragazzi un carro. In seguito, questa tradizione è stata portata avanti da altre suore sempre dell’Ordine delle Imeldine.

Le persone lavoravano al freddo, la sera dopo il lavoro, in qualche vecchia stalla o dove c’era spazio sufficiente per allestire un carro. Da alcuni anni, il corteo era stata spostato al sabato per vari motivi, tra cui dare modo ai partecipanti di non assentarsi dal lavoro e avere più turisti nel fine settimana. Nonostante questo, però, la mascherata è diventata sempre più povera di personaggi e scarseggiavano le idee per realizzare carri sempre diversi e, così, questa giornata di festeggiamenti è stata recentemente abolita.