Il Rollat

Il Rollat è la maschera principale del Carnevale sappadino. Si potrebbe quasi dire che, oggi, il Rollat è Sappada!

Questo personaggio è diventato il simbolo della località e la sua figura compare quasi ovunque: sui dépliant turistici, sulle etichette dei prodotti tipici e anche sui lampioni per l’illuminazione si nota la sua sagoma; spesso viene utilizzato in manifestazioni per rappresentare Sappada. Non tutti, però, sono d’accordo con questo “uso moderno” e questa sovraesposizione del personaggio.[

Il Rollat è sempre presente in tutti i momenti del Carnevale.

Quella che vediamo oggi è una maschera ricercata; c’è quasi una gara tra chi sfoggia il costume migliore, oggi molto costoso e utilizzato unicamente per il Carnevale. I singoli elementi che lo compongono, tutti appartenenti al mondo agro-pastorale, non sono unici del Rollat ma diffusi nei mascheramenti tradizionali in un’area assai vasta. Qui, però, si sono venuti a combinare nel corso del tempo in modo tale da risultare ora come tipici e caratteristici della maschera sappadina. Non è ammessa l’inventiva personale perché il costume è rigidamente codificato, così come il comportamento; i sappadini sono giudici attenti del proprio Carnevale e, soprattutto nei confronti del Rollat, sono molto severi.

Ecco, nei dettagli come è composto il suo costume.

Indossa un pellicciotto, pelz, di montone, scuro e con il vello folto e lungo; è ampio e lungo fino alle ginocchia, con un cappuccio anch’esso ampio che avvolge completamente il capo; sul cappuccio risalta un ciuffo rosso di lana, cioff, che in passato era di carta, come documentato da alcune fotografie.  I pantaloni, hilhousn, piuttosto ampi, sono a righe orizzontali bianche e marroni; una volta erano ricavati dalla hile, la tela, di lana e lino, che si usava per coprire gli armenti in inverno. Ai piedi calza robusti scarponi di cuoio ferrati, aisnschui. Le mani sono celate da spessi guanti di lana, a manopola, hòntschn. Al collo, sopra la pelliccia, indossa un fazzoletto, hòntich, che varia di colore a seconda dello stato civile di chi lo indossa: rosso per gli uomini coniugati e bianco per i celibi[. In realtà, poiché il Rollat non deve farsi riconoscere, quasi nessuno esibisce il fazzoletto del colore giusto. Per non mostrare neanche una piccola parte del collo, sotto il pellicciotto, porta un fazzoletto annodato. Altri elementi indispensabili sono le rolln, da cui prende il nome il personaggio, tenute in vita da una catena, kettn, di quelle usate per il bestiame. Le rolln, che possono essere o due o una sola più grande, sono campanacci sferici con una fessura e all’interno una pallina sfaccettata che, rotolando, crea il suono caratteristico. La lòrve del Rollat si deve distinguere da quelle delle altre maschere; fondamentali sono i baffi, schnuirpòrt, folti e scuri, così come folte e scure sono le sopracciglia; lo sguardo è severo e i lineamenti forti, ma mai grotteschi. È sempre il viso di un uomo maturo, pieno di autorità. Il vero Rollat deve incutere timore già solo a guardarlo in volto. Un altro accessorio tipico è la scopa, pesn, che il Rollat non deve mai abbandonare o lasciarsela portare via. Un tempo era di erica, hadratpesn, mentre quelle attuali sono formate da ciuffi di saggina raccolti attorno al manico. Oggi sono acquistate ma si ha sempre cura che la scopa sia in tono con l’insieme del costume e non abbia un aspetto troppo moderno.

Perché alcuni elementi del costume siano valorizzati al massimo, occorre un grande impegno da parte di chi ricopre il ruolo. Il Rollat deve sempre procedere con il passo giusto e, anche quando è fermo, muovere il bacino appropriatamente: solo in tal modo può fare risuonare correttamente le rolln, il cui suono deve costantemente accompagnare la maschera. Anche la scopa va impugnata nel modo tradizionale, di traverso o rivolta verso l’alto, tenuta con le due mani ma, quando arriva il momento, egli deve essere capace di rivolgerla minacciosamente verso la gente, oppure, spazzare in terra quando si avvicina a qualcuno che ritiene degno di un tale gesto.

Gli elementi del costume non sembrano essere cambiati nel corso del tempo; il tipo di oggetto è sempre quello, quotidiano e legato alle attività lavorative locali, con la sola eccezione, probabilmente, delle rolln come si vedrà qui di seguito.

Qualcuno, in paese, riferisce che in passato il pellicciotto fosse di pelo di orso, però nessuno rammenta di averne mai visto uno così; i più lo ricordano di pelo d’agnello.

Una delle prime descrizioni del Rollat risale al 1937. «Molto in uso era un tempo, a carnevale, l’apparire della maschera detta “Rollate”, il nome deriva da certi campanacci di fattura speciale (Rollen), legati con una catena intorno alla vita di un pelliccione, che pareva di orso; sulla faccia dell’uomo vestito in questa foggia, era posta una rozza maschera di legno, fornita di due baffoni paurosi»[.

«Le gambe erano infilate in specialissimi pantaloni formati con le tele, a strisce bianche e nere, che servivano a coprir il dorso dei buoi da tiro. Il volto era nascosto da una maschera di legno (Lorve) dai lunghi baffoni (Schnuirport), dalle sopracciglia folte e da due occhiacci da orco»[. Fontana riporta anche che era sempre munito di scopa.

Molti ricordano che il Rollat, una volta, non era così “bello” come oggi; soprattutto il pelz era molto più modesto e misero rispetto a quello che si usa oggi, talvolta formato da pelli di colore diverso.

Anche il materiale fotografico che è stato esaminato mostra un Rollat più dimesso e meno ricercato del personaggio dei Carnevali attuali.

Sono già emersi elementi interessanti ma, prima di passare ad alcune considerazioni, è bene vedere ancora altre caratteristiche della maschera.

Il Rollat era sempre impersonato da un uomo ma non si sa se in passato gli attori fossero i coscritti dell’anno oppure dovessero necessariamente essere celibi. Le persone  anziane sottolineano che, più che l’età o lo stato civile, era importante che fossero uomini alti e robusti, in modo tale che il Rollat risultasse una figura imponente. Per gli anni Cinquanta, si sa con sicurezza che erano anche gli uomini sposati a ricoprire questo ruolo.

È noto che in molte società tradizionali l’organizzazione o lo svolgimento di riti tradizionali e soprattutto dei Carnevali spettasse ai coscritti; anzi, queste occasioni costituivano un “rito di passaggio” per la classe di età coinvolta. In queste comunità però, a volte, a causa della mancanza dei giovani adatti, dovuta alle guerre o all’emigrazione, pur rimanendo valida la regola relativa all’età, spesso ci si doveva necessariamente adattare alla situazione demografica e quindi non sempre i protagonisti erano i coscritti.

Anche a Sappada, va ricordato, l’emigrazione è stata molto forte e, forse, proprio questo dato può spiegare alcuni aspetti del Carnevale. I frequenti spostamenti, soprattutto verso i paesi di lingua tedesca, Svizzera, Baviera, Stiria, Carinzia e Tirolo se, da una parte, tenevano lontani da casa gran parte dei ragazzi e degli uomini adulti lasciando alle donne e agli anziani l’incombenza dei lavori in paese, dall’altro, permettevano contatti e scambi culturali con altre popolazioni.

Qualche volta, e lo si sa con sicurezza per il periodo più recente, qualche ragazza ha provato a vestirsi da Rollat ma si è trattato di casi isolati.

Il ruolo del Rollat è molto faticoso; gli attori dicono spesso che dopo una mascherata perdono peso, anche due chili ogni volta, sia perché il pellicciotto è molto caldo, sia perché il costume, nell’insieme, è assai pesante. Inoltre, come si è già detto, il ruolo è rigidamente codificato e tutti i sappadini si attendono che il Rollat proceda sempre con la tipica andatura e non stia mai fermo. Deve anche rincorrere i bambini che lo disturbano appositamente con frasi impertinenti o tirandogli la neve.

Non è ammissibile che il Rollat si tolga la lòrve e mostri il suo volto. L’anonimato è ancora importantissimo: è massima la cura per celare ogni parte del corpo; l’attore viene completamente annullato dal mascheramento e non deve mai rivelare la propria identità. Infatti, i Rollatn più “tosti”, se si passa il termine, sono sempre molto attenti a non farsi scoprire e si ritirano in un angolo, sollevando il minimo possibile la maschera, per bere o mangiare. Ultimamente, però, anche certi Rollatn tendono, come le altre maschere, a scoprire il volto con maggiore facilità.

Non è semplice ricoprire tale ruolo e non lo si può improvvisare. Spesso i Rollatn sono figli o nipoti d’arte e, quasi sempre, provengono da famiglie con la passione per il Carnevale. Apprendono in casa il passo giusto e la gestualità corretta. Non esistono corsi per imparare il ruolo del Rollat, ovviamente, perché finora si trasmetteva la conoscenza in famiglia e si imitavano i più bravi. Chissà se, adesso che qualcuno comincia a temere per un ricambio generazionale per questo ruolo, proprio ora che il Carnevale è in una fase di crescita di importanza e di immagine, si sentirà il bisogno, se non proprio di istituire dei corsi, così come si fa per imparare il sappadino, quantomeno, di incaricare alcune persone esperte di trasmettere la loro conoscenza? Già ora, per mancanza di tempo o per stanchezza perché si è partecipato alle mascherate dei giorni precedenti, qualche volta, si rischia di non avere a disposizione durante tutto l’arco di tempo dei festeggiamenti i Rollatn migliori.

Bisogna conoscere la tradizione e quindi i doveri e, si può dire, anche i diritti: sapere cioè come comportarsi con la gente ed essere in grado, con la propria imponenza e autorità, di rammentare a tutti che il Rollat non è una maschera qualunque; è fondamentale anche sapere fin dove spingersi con le parole e con i gesti.

Un requisito essenziale è parlare il sappadino; così come per tutte le altre maschere, l’uso del dialetto è considerato ancora oggi fondamentale. Alcuni di coloro che non lo parlano si trattengono dall’andare in maschera e può capitare di sentir criticare l’attore perché non sa parlare un buon sappadino. Un Rollat che parlasse solo italiano non sarebbe assolutamente credibile.

Altrettanto importante è riuscire a parlare in falsetto.

Una persona, Rollat da tempo, ricorda che il padre, apprezzatissimo Rollat degli anni passati, anche quando era già esperto, prima di andare in maschera si esercitava, lontano dagli occhi di tutti, nei movimenti e si allenava a parlare in falsetto per dare il meglio di sé a Carnevale.

Esistono una serie di frasi tipiche, ovviamente in plodarisch, con cui la maschera interloquisce con la gente. Appena il Rollat si avvicina ad una persona la apostrofa dicendo: “Hearsche, pische bo(ll) nutze?” (Senti, hai fatto il bravo?) “Basche, benn de net nutze pischt, trogidi ins trok!” (“Sai, se non fai il bravo, ti butto nella fontana!”).

Quando entra nelle case chiede: “Òsche kan aale?” (“Hai un uovo?”).

Le uova sono tradizionalmente tra le offerte più diffuse delle questue, non unicamente di quelle svolte nel periodo carnevalesco ed è noto il valore simbolico dell’uovo un po’ in tutto il mondo.

A Sappada, però, questa richiesta ha anche un motivo pratico. È abitudine dei Rollatn, già al mattino prima di uscire di casa, di bere un uovo perché in questo modo si riesce a sopportare tutto il vino che verrà bevuto durante la giornata; si ritiene infatti che l’uovo crudo serva a rallentare gli effetti dell’alcool[. È questo uno dei “trucchetti” tramandati dai vecchi Rollatn che, soprattutto nella case dei contadini, chiedevano l’uovo per poter continuare a bere, senza che l’alcool “tagliasse loro le gambe”.

Quando incontra un uomo, in casa o in strada, il Rollat gli chiede: “Hearsche, barum òsche hainte kana lòrve?” (Senti, perché oggi non hai la maschera?). Poi per cercare di coinvolgerlo nel Carnevale: “Hearsche, bo òschen hainte in pelz gelòt?” (“Senti dove hai lasciato oggi il pellicciotto?”), “Hainte is zait, Rollat(e) ze gean, et z’orbatn!” (“oggi è tempo di andare Rollat, non di lavorare!”). Oppure, può rimanere su un tono più generale e chiedere notizie della famiglia o del lavoro. Anche il Rollat, così come le altre maschere, sa sempre dove colpire, se vuole stuzzicare il proprio interlocutore.

Bisogna essere abbastanza spavaldi da dare del “tu” a tutti, anche agli anziani e alle persone di riguardo. Forse per i Rollatn di oggi, ora che è più diffuso l’uso del “tu”, non solo in famiglia ma anche con le persone estranee o nell’ambiente di lavoro, spesso senza riguardo all’età, ciò è meno difficile. Ma se pensiamo che in passato l’uso del “voi” era dovuto anche in famiglia, capiamo come dare del “tu” potesse, anni addietro, rappresentare quasi una prova di coraggio da superare. Chi non riusciva, non era considerato un bravo Rollat.

E questo rende anche l’idea del potere del Rollat e dell’autorità di cui gode ora, come in passato. La maschera del Rollat ha una potenza tale da trasformare, temporaneamente, la personalità dell’attore, che, anche se timido, per il tempo in cui è il Rollat si sente diverso, più forte, più autoritario.

Si è accennato che in passato il Rollat era una maschera più cattiva. Si dice che vestirsi da Rollat fosse un’occasione per vendicarsi delle offese subite nel corso dell’anno; molti ricordano che spesso si verificavano scontri tra gli abitanti delle borgate “di dentro”, Dinnigar, e quelli delle borgate “di fuori”, Daussigar, nei pressi del ponte sul Mühlbach, il torrente che segna questa divisione nell’abitato di Sappada. Spesso erano i Rollatn delle diverse borgate ad affrontarsi. Le fratture che si possono riscontrare in alcune lòrvn, soprattutto quelle più usate dai Rollatn negli anni passati, sono spiegate dai sappadini proprio con questi contrasti.

La violenza è considerata dagli studiosi un aspetto tipico dei Carnevali, che può essere ritualizzata in vari modi. Anche incutere paura in qualcuno è una forma di violenza. Generalmente, nei Carnevali tradizionali oggetto della violenza, in misure che variano da zona a zona, sono le donne, considerate le vere destinatarie del Carnevale, e i bambini.

A Sappada, almeno per il periodo di cui si hanno notizie, sappiamo che le donne hanno partecipato in maschera ai vari momenti festivi. Invece, per molto tempo è rimasto forte il divieto per i bambini.

Di norma, i Carnevali erano proibiti ai bambini perché si trattava di un rituale molto importante, riservato unicamente agli adulti; l’esclusione dei bambini comportava, non solo, che non potessero partecipare alle mascherate con i grandi ma, anche, che venissero spaventati e inseguiti dalle maschere, se si fossero fatti troppo vicini. Solo in momenti successivi, e non ovunque con le stesse modalità, si è assistito, in molti casi, al Carnevale degradato a una festa solo per bambini.

Anche a Sappada i bambini non solo non potevano mascherarsi e partecipare assieme agli adulti ma erano anche minacciati dalle maschere.[ Soprattutto al Rollat spettava impaurire i bambini che, terrorizzati, scappavano ai piani più alti della casa o si rifugiavano in chiesa, quando sentivano il suono delle rolln avvicinarsi minacciosamente. Alcuni Rollatn erano particolarmente temuti per la loro cattiveria. Il rischio era quello di essere sorpresi da uno di loro ed essere inseguiti per tutto il paese, senza riuscire a trovare un posto dove nascondersi; si poteva finire anche gettati nelle fontane. Ancora oggi, sentendo le rolln, tanti sappadini ricordano con terrore quando, bambini, cercavano di sfuggire, magari rifugiandosi nei punti più sicuri della casa oppure, incuriositi, sbirciavano dalle finestre in alto con la paura che il Rollat potesse scoprirli e venirli a prendere.

Il rapporto del Rollat con i bambini è, ora, molto diverso e non solo con i piccoli turisti. Oggi, i bambini si permettono degli atteggiamenti con questa maschera che per tanti anziani, una volta, non erano nemmeno immaginabili. Si avvicinano molto, gli tirano le palle di neve e lo stuzzicano per farsi rincorrere.

Di più, adesso ai bambini è permesso addirittura di impersonare il Rollat, il loro spauracchio!

Si tratta di un’apertura che è iniziata negli ultimi decenni e sulla quale non tutti sono d’accordo. Fa ancora più discutere, in paese, il fatto che a ricoprire questo ruolo siano i ragazzi intorno ai tredici, quattordici anni perché, secondo molti, non rappresentano bene il Rollat poiché non sono più né piccoli né ancora sufficientemente grandi. D’altronde, sottolinea qualcun altro, solo in questo modo si permette a questi giovani di fare esperienza assieme ai più grandi e così si potrà contare, anche in futuro, su un buon numero di bravi Rollatn.

Il Rollat, oggi come ieri, è il personaggio principale del Carnevale ed è fondamentale la sua presenza nelle giornate carnevalesche; una mascherata senza almeno due o tre Rollatn non è pensabile.

È una maschera-guida il Rollat?[ Le maschere-guida sono dette tali perché sono alla testa del corteo e la loro funzione fa sì che ne siano i responsabili; inoltre, precedono e annunciano l’ingresso delle maschere di gruppo nelle case nel momento delle visite e sono i garanti dei mascherati.

I Rollatn, quando la mascherata era itinerante, aprivano il corteo lungo la strada. Ora, le maschere arrivano nella piazza separatamente dai Rollatn. Rispetto a maschere-guida di altri Carnevali il rapporto Rollat-maschere appare, almeno ora, meno forte; infatti, spesso, i Rollatn si svincolano dalle altre maschere e fanno sosta nelle case o nei locali indipendentemente dal resto del gruppo. Anche le maschere, di frequente, entrano nelle case da sole e girano per le strade del paese senza la sorveglianza del Rollat, il quale può decidere anche di uscire da solo quando le altre maschere si sono già ritirate. Inoltre, il Rollat è l’unica maschera protagonista del Lunedì grasso, Vrèss montach. Gruppi di Rollatn, almeno una decina per garantire un effetto spettacolare, si radunano in mattinata a Cima e poi girano per le vie, visitando case e locali.

È convinzione degli abitanti, tuttavia, che spetti al Rollat proteggere le maschere. I più anziani lo ricordano bene; inoltre, quando le maschere entravano nelle case, era compito del Rollat spazzare in terra per “pulire”, prima del passaggio delle maschere. Gli stessi anziani dicono, però, che queste abitudini ormai si sono perse.

Chi è il Rollat? Questa è la domanda che si pongono in tanti dopo aver assistito al Carnevale di Sappada.

L’origine dei personaggi carnevaleschi, e dunque del Carnevale stesso, è da tempo argomento degli studiosi che hanno dato varie interpretazioni, che sarebbe qui troppo lungo riportare.

Per cercare di chiarire, almeno un po’, la figura del Rollat appare necessario fare una distinzione tra il personaggio che conosciamo oggi e quello che animava i Carnevali del passato, fino all’incirca agli anni Sessanta/Settanta del secolo scorso. Occorre separare il personaggio affascinante a cui siamo abituati e riflettere su quello precedente; quello di cui gli anziani sanno ancora dire qualcosa e che ci è giunto attraverso alcune immagini fotografiche.

La maschera del Rollat che vediamo oggi è il risultato di un processo di trasformazione. A partire da un personaggio preesistente, di cui possiamo rintracciare alcuni aspetti, attraverso una serie di modifiche e aggiustamenti, si è arrivati ad una maschera più adatta e in sintonia con la società attuale.

Mentre il Rollat diventava una maschera sempre più ricercata e bella sul piano estetico, perdeva alcune caratteristiche comportamentali che erano state, fino a quel momento, proprie del personaggio. Si è puntato a renderlo una maschera più attraente esteticamente e meno rude negli atteggiamenti. Il costume è più ricercato ed è creato appositamente: le pelli di montone dal pelo lungo, grandi e di buona qualità, si acquistano, per lo più in Austria o in Val Pusteria, e ora si fanno cucire nelle pelletterie, mentre ancora alcuni anni fa questo lavoro si faceva in casa. Il pelz deve essere ampio e della lunghezza giusta; anche il cappuccio deve essere avvolgente e grande abbastanza per aumentare l’altezza dell’attore e coprire la fronte. Quasi più nessuno ricava i pantaloni dalle vecchie hiln ma si confezionano con un tessuto simile, di lana, acquistato appositamente. Anche le rolln vengono preparate proprio per il Rollat dai fabbri di Sappada; ora si tende a farle più grandi di quelle di una volta e si cura particolarmente il suono. Si cerca sempre di indossare una lòrve dai tratti giusti. Nell’insieme, l’abito deve conferire alla figura un’imponenza tale che la maschera non passi inosservata.

Contemporaneamente, ha perso parte di quella violenza tipica del suo carattere: non è più così cattivo con i bambini e neanche con il pubblico. È vero, quando individua qualcuno che conosce bene si avvicina con fare minaccioso, fa indietreggiare il “malcapitato” e, forte della sua altezza, lo guarda dall’alto in basso; lo apostrofa con battute salaci su qualche argomento personale, magari gli scompiglia i capelli ma, in genere, a meno che non ci sia qualche astio personale, la “violenza” del Rollat non si spinge oltre. Anche con le ragazze le cose si svolgono più o meno così; con qualcuna si permette ogni tanto una battuta un po’ più piccante, un abbraccio o una passata con la scopa sui piedi.

Cercare di togliergli la maschera, potrebbe essere un’occasione in cui il Rollat sarebbe capace di ritrovare la sua antica violenza. Anche se i tempi sono cambiati, certe cose al Rollat non si devono fare!

Rincorre ancora i bambini ma ora è quasi un copione da rispettare; tutti si aspettano che faccia così, anche i bambini che lo stuzzicano appositamente.

Può capitare, talvolta, che per la stanchezza o per il troppo vino qualche Rollat, di quelli meno esperti, si lasci andare e perda il controllo. Ma è un fatto deprecato da tutti, che getta un’ombra sul buon andamento del Carnevale.

Il Rollat ora rappresenta la tradizione di Sappada, deve rispettare il ruolo che gli spetta. Non ha perso il suo aspetto minaccioso ed è ancora capace di incutere soggezione in chiunque gli sia vicino ma, il più delle volte, in quella fase delle mascherate che abbiamo definito “pubblica”, si deve dimostrare gentile con il pubblico esterno alla comunità, deve lasciarsi fotografare con i turisti e accarezzare i bambini. Poi, quando gira per le case o incontra qualche sappadino, può riprendere un po’ del suo vecchio carattere.

Questo “ingentilimento” del Rollat non lo ha trasformato in una figura finta, a solo uso turistico; il suo prestigio non è sminuito. Non si spiegherebbe, se così fosse, la passione che si coglie dalle parole degli attori quando, smessa la maschera, ragionano su questo personaggio. Quando impersonano il Rollat, si sentono investiti da un potere inconsueto, diversi dalla persona che sono abitualmente e sono capaci di dire e fare cose che normalmente non riuscirebbero loro. Percepiscono di essere più autoritari, capaci di incutere timore ma anche accettati e ben accolti da tutti i sappadini. È sempre molto forte il fascino di essere mascherati e sentono una grande responsabilità: devono rispondere alle attese della gente che si aspetta sempre di vedere dei Rollatn bravi e sono consapevoli che dalla loro prestazione dipende la buona riuscita del Carnevale.

Alla domanda chi è il Rollat, posta a Sappada, le risposte non variano molto da quelle che vengono date a richieste simili, in altri contesti culturali. A parte qualche risposta che risente di letture specialistiche e di approfondimenti personali, per lo più, ci si sente dire che il Rollat è sempre esistito ed è sempre stato così.

Qualcuno aggiunge che, una volta, si diceva che il Rollat fosse colui che andava a cacciare o scacciare l’orso.

Nel folclore europeo, l’orso è inteso come un animale portatore della primavera. «Negli apparati cognitivi del folclore europeo, l’orso è non solo animale dalle caratteristiche “infere” (“muore” ibernando nelle viscere della terra per “resuscitare” a primavera), ma è anche animale divinatorio». Diffusa è infatti la credenza che la notte tra l’uno e il due febbraio, l’orso si svegliasse per verificare l’andamento della stagione e decidere se uscire definitivamente dal letargo oppure rientrare nella tana, nel caso in cui l’inverno non fosse ancora finito. Quindi, andare a cacciare l’orso, andarlo a svegliare significa risvegliare la primavera. «Un complesso sistema simbolico di impianto popolare si addensa attorno a questa data. Proverbi, leggende pratiche rituali, feste, santi folklorici sono a presidio del delicato momento di nascita e di rinascita che deve coincidere con il risveglio della natura»[.

Nei secoli passati, l’orso era una specie presente in tutte le Alpi. Da un lavoro pubblicato nel 2001, sappiamo che tra il Settecento e i primi dell’Ottocento questo animale era molto diffuso in Carnia tanto che un decreto governativo, datato 2 febbraio 1818, stabiliva premi in denaro a chi uccideva animali feroci, come orsi e lupi. In queste battute di caccia erano coinvolti anche i sappadini, perché sono citati i nomi di alcuni di loro.

La caccia all’orso si faceva non tanto per ottenere risorse alimentari o per la pelliccia «…omissis… quanto invece per difendersi dai danni che questi animali provocano alle campagne e negli ovili. Danni insopportabili, …per una società come quella di allora che traeva tutte le sue risorse dall’agricoltura e dall’allevamento del bestiame.»[. L’orso, in periodi e in situazioni particolari, può spingersi anche nei pressi dei luoghi antropizzati dove può trovare risorse aggiuntive di cibo. Lo scopo del regio decreto mirava a debellare gli animali feroci e l’intento fu raggiunto all’inizio del Novecento, quando l’orso scomparve da tutte le Alpi.

Come riporta la Hornung nel suo glossario alla voce “peer” (orso), «ancora cent’anni fa c’erano gli orsi nelle Alpi carniche e nell’inverno secondo la tradizione popolare impericolavano gli uomini. Viene affermato che le sbarre di ferro che ancor oggi troviamo alle finestre di pianterreno nelle vecchie case furono montate come protezione contro l’orso.»[.

L’orso ha lasciato il suo ricordo in parecchi toponimi sappadini che rammentano questa presenza minacciosa alla quale non si è più abituati.[

L’orso, come raffigurazione carnevalesca, è ampiamente presente in Europa. L’animale compare molto spesso scortato da un cacciatore o da un domatore ai quali risulta sottomesso. La figura dell’orso con il domatore viene spiegata da alcuni studiosi con il diffondersi degli spettacoli di piazza in cui gli orsi ammaestrati intrattenevano il pubblico con balli e giochi.

In Tirolo, per rimanere in un’area culturale tedesca, nel Carnevale di Nasserheit il momento principale della festa è rappresentato dal combattimento dell’orso con il suo guardiano. A Telfs c’è una caccia all’orso e a Imst gli orsi sfilano per il paese tra le terrificanti urla dei loro Bärentreiber, i guardiani.[

Anche in Friuli è presente la figura dell’orso con il ciarlatano e dell’orso con il domatore.

Talvolta, per il folto pellicciotto che indossa e che ne copre la figura fino alle ginocchia, il Rollat è stato interpretato come un mascheramento di tipo zoomorfo. La maschera lignea, però, ha chiaramente tratti umani; si è detto che ha sempre i baffi, almeno fin dai primi decenni del Novecento. È il volto di un uomo adulto con i lineamenti duri del montanaro e lo sguardo accigliato.

I pantaloni rimandano al mondo degli uomini, all’allevamento, essendo ricavati dalla stoffa con cui era coperto il dorso del bestiame, così come la catena.

Anche il comportamento, almeno per il periodo di cui abbiamo notizia, pur se caratterizzato da una certa violenza, maggiore come si è visto in passato, non è tale da ricordare un comportamento animalesco.

Il Rollat è stato spesso avvicinato al Mamuthone sardo che, a prima vista, sembra la maschera più somigliante a quella sappadina.

Senza affrontare le tematiche relative al Mamuthone, basterà sottolineare che gli elementi che più avvicinano le due figure sono il costume scuro di pelo animale, i campanacci dal suono assordante e l’andatura particolare che consente a questi campanacci di risuonare in modo corretto.

A ben guardare, l’impiego delle pelli animali è tra i mascheramenti più diffusi nelle culture tradizionali e non solo di queste due maschere. Così anche l’uso dei campanacci, per la nota funzione del rumore tipica del rituale carnevalesco; si tratta in questo caso di campanacci usati per le greggi. La maschera facciale è però ben diversa dalla lòrve del Rollat.

Talvolta, la figura del Rollat è stata anche avvicinata a quella del Krampus, presente nel Tarvisiano, in Austria e in zone slave. Anche in questo caso, il mascheramento fa ampio uso di pelli e prevede la presenza di campanacci da bestiame, diversi dalle rolln. Ma il comportamento assai aggressivo e soprattutto la maschera, con corna e una lunga lingua sporgente, caratterizzano questa figura come demoniaca. Il Krampus di Tarvisio, una volta, era una minaccia per i bambini perché poteva gettarli nelle fontane, così come era abitudine, non solo del Rollat sappadino ma anche di molte maschere dei carnevali tradizionali.

Si è già detto quanto il ricorso alle pelli di animale sia un’usanza molto diffusa; è bene inoltre ricordare che l’indossare un abito alla rovescia, e quindi una giacca di pelle dal lato del pelo, è molto spesso la prima forma di mascheramento.

Nei Carnevali del Tirolo, è facile notare come alcune figure dei Bärentreiber, i guardiani degli orsi o dei cacciatori, coperti da pelli e con cappelli anch’essi di pelo, possano ricordare in qualche modo l’abbigliamento del Rollat, soprattutto se teniamo presente il pellicciotto dei tempi passati.

La scopa, di dimensioni più o meno grandi compare spesso come accessorio di alcuni personaggi chiave nelle mascherate invernali.

Secondo alcuni sappadini, il Rollat spazzava in terra prima che entrassero le maschere nelle case, oppure in strada soprattutto quando passava una coppia di belle maschere o gli sposi. Una testimonianza afferma anche che i Rollatn, quando le maschere ballavano, bagnavano la scopa nella pozza e sporcavano le maschere belle. Oggi, la scopa viene considerata un importante accessorio della maschera, qualcosa che ne aumenta il potere e che non deve mai essere abbandonata, né, tanto meno, si può permettere a qualcuno di portarla via.

Come è noto, una costante della ritualità carnevalesca tradizionale è il rumore. Un rumore che può essere ottenuto con vari oggetti; ma lo strumento privilegiato è il campanaccio. In genere si adoperano uno o più campanacci del tipo usato per il bestiame. Può anche darsi che vengano fabbricati appositamente per il carnevale, così come avviene a Sappada. Capita anche che spesso si portino un numero considerevole di campanacci oppure che le dimensioni del campanaccio risultino esagerate.

Nei Carnevali, soprattutto in quelli del passato, gran parte degli oggetti erano di uso quotidiano o comunque non creati appositamente. A Sappada le rolln non avevano un uso pratico; solo alcuni riferiscono che fossero usate in una fabbrica di mattoni, per segnalare l’orario dei turni di lavoro. Secondo qualcun altro, sonagli simili erano attaccati ai carri per avvisare del loro arrivo.

La maggior parte dei sappadini, però, ricorda che fossero usate solo per il Carnevale; qualcuno riferisce che le prime, in bronzo, arrivavano dalla Val Pusteria e che poi alcuni hanno cominciato a farle con le bombole del gas. A parte Sauris, anch’essa isola etnica tedesca che condivide con Sappada molti tratti culturali, nelle zone limitrofe a Sappada il tipo di campanaccio usato per il Carnevale è del tipo aperto alla base, quello per le mucche. La forma chiusa come le rolln è invece usata spesso nella dimensione di campanello in molti Carnevali e accompagna, con il suo suono delicato, maschere che possono rientrare nella categoria di “maschere belle”.[ In area germanica, compaiono maschere che hanno sonagli tipo rolln ma di dimensioni ridotte rispetto a quelle sappadine. Bisogna ricordare che, in passato, anche a Sappada erano più piccole. In Svizzera, nel Cantone di Appenzel, in occasione della festa dei Sylvester-Klausen, troviamo alcune maschere, vestite con abiti femminili, che indossano una quindicina di rolln, da cui prendono il nome di Rolli.

Più che voler necessariamente individuare l’origine di una maschera è utile qui riflettere sul fatto che in zone relativamente vicine, meta tra l’altro di flussi migratori e scambi culturali, siano presenti modalità di mascheramenti e di comportamenti che presentano affinità con quelli presenti a Sappada. Già solo con alcuni accenni, emerge chiaramente come si possa individuare un’area in cui esistono analogie. Questa area comune può essere compresa a grandi linee tra la Svizzera, il Tirolo, la Germania meridionale, la Slovenia, l’alto Cadore e il Friuli. Va da sé che per molti elementi, il confronto è a livello molto più ampio e non limitato unicamente all’arco alpino.

Che il Rollat fosse una figura diversa con caratteri che noi non riusciamo più a cogliere, che fosse una maschera metà uomo/metà animale, o, forse, la rappresentazione, in tempo di Carnevale, di una figura importante per la società, cioè, l’uomo adulto che difende dalle insidie della natura la comunità, rappresentata dalle maschere, poveri, contadini e signori, è difficile a dirsi, per ora.

Quello che vediamo oggi è che il Rollat è una maschera che, pur condividendo con molte altre figure tratti estetici e comportamentali e pur utilizzando oggetti molto diffusi nei Carnevali tradizionali, è riuscita a caratterizzarsi e ad assumere una personalità talmente particolare che ora è considerata come unica e tipica del Carnevale sappadino.