Dalla ricerca etnografica è emerso che in passato un personaggio importante delle mascherate era il Pajaz.
Il costume non era rigidamente fissato dalla tradizione: ognuno era vestito a modo suo, anche perché una volta le possibilità economiche erano decisamente minori rispetto a ora e per il Carnevale ognuno si arrangiava come poteva.
Comunque, doveva essere un abito il più colorato possibile. C’era chi aveva la madre che lo preparava con i mutandoni e la camicia del nonno a cui venivano applicate delle palline colorate di carta o di stoffa. Qualcun altro, invece, lo faceva preparare dalla moglie con la stoffa delle tende o con un pigiama da uomo e, anche in questo caso, si rifiniva con decorazioni colorate. Per l’occasione, potevano essere utilizzate anche delle tute da lavoro, da imbianchino, in particolare, adeguatamente preparate.
Qualcuno lo ricorda anche con un vestito di pezze multicolori a rombi.
Particolare era il cappello; tutti lo descrivono alto, a cono con la punta ripiegata e ornato di nastri, fiocchi e campanelli, oppure a rombi di vari colori.
In mano teneva un bastoncino anch’esso guarnito con nastri, fili colorati e campanelli.
Fiori e ciuffi di carta o di stoffa colorati erano elementi tipici e caratterizzavano l’abbigliamento di questo personaggio. Anche i campanelli, di dimensioni ridotte e dal suono delicato, erano accessori sempre presenti.
Il Pajaz aveva il viso coperto da un velo o da una mascherina di cartone con il velo nella parte inferiore; oppure, si fasciava il volto per garantirsi l’anonimato. Anche se qualcuno riferisce di aver impersonato il Pajaz indossando una maschera di legno non sembra che fosse un’usanza diffusa; la maggior parte delle persone lo ricorda con il volto velato. Questo particolare e i dettagli del vestito sono molto interessanti e rimandano a tipi di maschere largamente diffuse nei Carnevali tradizionali.
Il Pajaz non parlava e rimaneva in silenzio per tutta la giornata.
Di solito ve ne erano due o tre per ogni mascherata.
Spesso, questo ruolo era ricoperto da uomini che, a causa della corporatura esile, non potevano impersonare il Rollat. È però anche vero il contrario, alcuni di coloro che sono stati Rollat sono anche stati Pajaz.
Dovevano essere agili, forti, con una notevole resistenza fisica e dovevano dimostrare doti da acrobata: correvano e saltavano tutto il giorno. Scortavano le maschere, così come avviene in altri contesti tradizionali; le precedevano e le accompagnavano sfilando ai lati.
Qualcuno ricorda che era il Pajaz a correre dietro ai bambini e non il Rollat come avviene ora.
Nelle case o nei locali queste maschere davano sfogo a tutta la loro abilità, saltando con agilità sui tavoli; se il Pajaz riusciva a saltare a piedi pari sui tavoli veniva premiato con un bicchiere di vino. Una volta, ricorda qualcuno, pochi anni dopo la seconda guerra mondiale, un Pajaz che era andato a trovare una sua parente a casa, è arrivato con un solo balzo sulla stufa!
In una foto degli anni Trenta compaiono due maschere che corrispondono alle descrizioni fornite dalle testimonianze orali; in particolare, si può osservare in uno l’abito chiaro e il cappello a cono con la punta rovesciata in avanti e guarnito con nastri. Si nota bene il velo scuro che copre il viso e la bacchetta in mano. Il secondo personaggio ha un abito più scuro (la foto in bianco e nero non permette di riconoscere il colore) ravvivato, però, da un grande colletto bianco. Anche in questo caso, è ben visibile il cappello a cono, decorato con nastri.
Non si sa con precisione, quando e per quale motivo questa interessante figura sia scomparsa dal Carnevale di Sappada. A lungo nelle mascherate è mancato questo personaggio. Alcuni rammentano di aver visto il Pajaz fino agli anni Sessanta, qualcuno anche successivamente, ma sono ricordi un po’ confusi che non permettono di stabilire una data precisa. Le persone più anziane comunque ricordano bene la sua figura ed è ancora possibile parlare con alcuni di coloro che hanno ricoperto tale ruolo in passato.
In tempi recenti, alcuni giovani hanno cercato di riproporre questo personaggio.
Nel 1998, nel corso della mascherata del Giovedì grasso ne sono comparsi due. Impersonati da ragazze, erano vestiti con una tuta bianca da imbianchino su cui erano state applicate delle palline colorate; avevano il cappello con la punta rovesciata e la bacchetta decorata.
Anche nel 2008, il Lunedì grasso, insieme ai Rollatn ne sono usciti due; gli attori, documentatisi presso gli
anziani e coloro che in passato avevano interpretato tale personaggio, hanno
voluto riportare nel Carnevale sappadino non solo il costume ma anche il ruolo
della vecchia maschera. E così, coi volti velati e accompagnati dal suono dei
campanelli, hanno seguito per tutta la giornata i Rollatn, correndo e
saltando senza sosta. E nei locali si è anche potuto assistere al salto a piè
pari sul tavolo, riuscito con successo.