L’Avviso della Deputazione Comunale di Sappada, datato 20 gennaio 1864, è il primo documento che si riferisce al Carnevale di Sappada.
Non si tratta di una descrizione o di un resoconto di un avvenimento, bensì di alcuni divieti rivolti alla popolazione, allo scopo di mantenere, «…omissis… in questi tempi di Carnevale … omissis…», l’ordine pubblico.
A lungo, i Carnevali sono stati considerati dalle Autorità locali, civili ed ecclesiastiche, come una manifestazione popolare potenzialmente rischiosa, di cui cercare di limitare i danni in attesa della conclusione, al sopraggiungere della Quaresima. Per molto tempo, dunque, soprattutto nelle piccole località si è parlato del Carnevale solo per vietarne alcuni aspetti o per esercitare una forma di controllo sui partecipanti. Oppure, nel caso in cui si fosse verificato qualche fatto di particolare gravità, tanto da essere riportato nelle cronache locali.
Per di più, per molto tempo il Carnevale è apparso ai ricercatori un evento talmente comune e così ovvio che non necessitava di una descrizione.
Così, gli studiosi e i primi viaggiatori, che pure nei loro scritti hanno riportato molte informazioni e annotazioni relative alla comunità di Sappada, non ci hanno lasciato notizie sul Carnevale.
Tra il materiale bibliografico che abbiamo a disposizione, la prima descrizione del Rollat, accompagnata da una fotografia, e alcuni cenni sul Carnevale compaiono all’interno di una tesi di laurea sul dialetto di Sappada del 1937.
Poi, il maestro Fontana nelle sue pubblicazioni ha parlato anche del Carnevale e a lui si devono le prime descrizioni sui vari aspetti della tradizione carnevalesca sappadina.
Come è accaduto a molti altri Carnevali di piccole comunità, questo rituale è rimasto a lungo sconosciuto al grande pubblico. Negli ultimi quindici/venti anni, invece, si è assistito ad un crescente interesse per le manifestazioni popolari e del Carnevale di Sappada si sono occupate anche trasmissioni televisive e riviste specializzate in turismo culturale.
Importanti si sono rivelate le fonti orali e le fotografie messe a disposizione dagli abitanti. I ricordi, in particolare dei più anziani, raccolti già da alcuni anni, ovviamente presentano le lacune tipiche di una tale fonte e non sempre permettono di stabilire con precisione alcune datazioni. Non possono andare con la memoria più in là degli anni Trenta; molti, però, riferiscono fatti e aneddoti della vita dei genitori o dei nonni e ci permettono di comprendere le modalità di svolgimento e l’atmosfera dei Carnevali passati. Anche le testimonianze fotografiche, alcune delle quali risalgono agli anni Trenta, contribuiscono a tale scopo, confermando spesso quanto è emerso dalle testimonianze orali.